Esistono migliaia di connessioni imprenditoriali, già consolidate o ancora in divenire, da cui dipende il destino del nostro Paese; alcune stabili che permettono di costruire nuovi progetti e altre instabili che rischiano, invece, di minarne l’intero percorso. Siamo noi stessi, spinti dai nostri obiettivi, a creare le condizioni perché certe connessioni prendano forma. Ma capita, a volte, che da un incontro inaspettato nascano unioni profonde tanto da essere una chiave di svolta per un’idea o un progetto di impresa. Non è frequente ma, se e quando accade, credo sia il risultato della massima espansione ed esposizione umana e professionale da noi raggiunta rispetto a qualcosa che stiamo costruendo e in cui crediamo fortemente.
È come riuscire a “prendere anche dove non c’è campo”, divenendo delle vere e proprie calamite capaci di attrarre le persone giuste, da cui ricevere la spinta per il balzo in avanti. Non ho mai creduto integralmente nell’idea del raccogliere ciò che si semina, avendo visto fin troppe realtà morire dopo aver seminato benissimo. Sono più dell’idea che vinca chi con coraggio si impegna e si ingegna per arrivare fino in fondo, perché è solo così che si trovano la forza e i mezzi per riuscire in un’impresa. In tutti i campi, in tutti i settori.
Ho partecipato alla conferenza stampa di inizio stagione del Teatro Bellini di Napoli qualche giorno fa. Sono rimasto colpito non solo dal modo in cui il Direttivo del Teatro ha interagito nel presentare il ricchissimo programma della nuova stagione, ma anche dalla forza e dal valore delle connessioni tra tutte le persone coinvolte nel progetto. Dai responsabili della gestione del Teatro, a quelli degli spettacoli, a tutto lo staff tecnico. Vederli insieme, ritrovare la complicità, istante dopo istante, dinanzi a un pubblico mascherato; ascoltarli nel difficile compito di trasmettere – più che raccontare – ciò che è stato in questi due anni, ciò che è adesso e quel che potrebbe essere come non essere in futuro, mi ha ricordato quanto sia prezioso e importante condividere il nostro mondo, i nostri progetti, i nostri sogni.
Riprendo in proposito le parole di Sebastiano Coticelli, co-fondatore del Teatro nel Baule, che con Simona di Maio ha presentato nell’occasione il programma Bellini Kids, che dicono molto di tutti noi in questo momento: “…Sognare, prima della pandemia, era avvertito come qualcosa di verticale, che ci proiettava verso l’alto. Oggi è diventato qualcosa di allargato, di profondo, dove sognare significa prima di tutto ritrovare dentro di sé le motivazioni e la forza per andare avanti…”. Avrei voluto raggiungerli sul palco e applaudirli, non solo come giornalista, per il modo in cui sono riusciti a coinvolgere in questo nuovo cammino chi ha saputo davvero ascoltare.
Continuiamo a desiderare ciò che è bene per noi, per chi ci è al fianco e per ciò che costruiamo. Non smettiamo di sognare, né di connetterci in presenza con il mondo, perché è questo il segreto per resistere, per arrivare fino in fondo, per vincere: nuove connessioni, nuova forza, nuovi orizzonti. E salveremo noi stessi e il nostro meraviglioso Paese.
di Riccardo D’Urso
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