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Una Marina di Libri, un’edizione diversa e necessaria

Domenica 27 settembre si è conclusa l’undicesima edizione di Una Marina di Libri, il festival dell’editoria indipendente ospitato dall’Orto Botanico di Palermo, che anche quest’anno Tesori d’Italia ha deciso di seguire e di raccontarvi.
Un’edizione complessa, probabilmente la più difficile degli ultimi anni a causa delle limitazioni dovute all’attuale emergenza sanitaria, ma necessaria per la città e per il mondo dell’editoria italiana. Un’edizione che si sarebbe dovuta svolgere a giugno, fortemente voluta dagli organizzatori per affermare che non ci si può e non ci si deve fermare di fronte alle difficoltà. Che bisogna andare avanti e adattarsi, vista anche l’incognita sulla durata della attuale emergenza.

Cosa ha spinto gli editori a partecipare alla manifestazione, pur consci di tutte le difficoltà alle quali sarebbero andati incontro? Ci risponde Stefania Guastella, della Edizioni Caracol: «Intanto il desiderio di non fermarsi, anche se non partecipare sembrava essere la scelta più normale. Invece, proprio nei momenti difficili bisogna perseverare e continuare a far vedere che le cose non si fermano. E che bisogna trovare un modo alternativo di inventare il proprio lavoro, visto che ancora non sappiamo quanto durerà questa pandemia».

«Io sono parzialmente soddisfatto» – commenta Ottavio Navarra della casa editrice Navarra Editore, co-organizzatrice di Una Marina di Libri – «perché siamo arrivati a pensare e a realizzare questa manifestazione partendo dal presupposto che non sarebbe stata una edizione “normale”, che avrebbe pagato il prezzo di una serie di norme dettate, giustamente, dalle regole sulla sicurezza. Questo ha contingentato le presenze, ha creato percorsi obbligati e le fasce orarie di visita. Tutte norme che non si sposano benissimo con l’idea di un festival quale è Una Marina di Libri. Però la situazione era questa e lo sapevamo. Complessivamente questa è una edizione di passaggio, io la considero una sorta di giro di boa dello stesso format del festival. Penso che sia anche giunto il momento di un ripensamento complessivo di questa manifestazione, anche perché dopo undici anni un restyling è necessario, per capire in futuro quale direzione prendere. Io continuo ad amare la direzione “ostinata e contraria”, fedele al detto di Fabrizio De André, e penso che questo sia lo spirito entro il quale deve rimanere Una Marina di Libri, con questa capacità di impastare le parole dei piccoli e medi editori indipendenti italiani».

Quale è stata la risposta dei visitatori? «La maggior parte dei visitatori ha capito le difficoltà. – Risponde Nicola Bravo, direttore esecutivo della manifestazione – È chiaro che si tende a fare il confronto rispetto agli anni passati, quindi abbiamo accolto qualche lamentela. “Due ore per visitare la manifestazione sono poche” è stata la critica fondamentale. Ma la scelta è stata fatta per permettere a più gente possibile di potere fruire di Una Marina di Libri. Per quanto riguarda i giudizi, qualcuno è stato ingeneroso, ma siamo poco interessati a quelle persone, fortunatamente poche, che non hanno capito lo spirito con il quale abbiamo affrontato questa edizione».

«Non è l’anno in cui dobbiamo contare le persone che sono entrate, non è l’anno in cui si devono contare i libri che si sono venduti. – Continua Nicola Bravo – È l’anno in cui abbiamo affermato, rispetto agli anni passati, che il mondo è cambiato. Ed è un mondo nel quale dobbiamo cominciare a convivere con le difficoltà. Volevamo affermare la necessità, il bisogno e l’impellenza di ritrovarci fisicamente, sfidando gli intoppi e i protocolli. Sfidando anche il meteo, che non è stato del tutto clemente nei nostri confronti. Però abbiamo, a mio avviso, raggiunto quello che era il nostro obiettivo: ricominciare a pensarci in una società che non possiamo chiudere dentro casa, davanti ad uno schermo, ma in cui dobbiamo imparare e rimparare l’arte di vivere la vita in un mondo che, in questo momento, e speriamo per poco, sarà comunque diverso.
Quindi – conclude il direttore – reputiamo che questo esserci ritrovati in presenza, pur nelle mille difficoltà, sia un successo di tutti quelli che ci hanno lavorato. Soprattutto degli editori che hanno partecipato sfidando le difficoltà e non pensando all’economia in questa edizione, ma ritenendo che venire e fare il festival in presenza, incontrandosi, fosse l’aspetto più importante».

Una edizione diversa, dunque, complessa ma necessaria. Una edizione diversa in un mondo che in questo 2020, nostro malgrado, è cambiato.

di Giuseppe Mazzola
Foto di Giuseppe Mazzola

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