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lunedì, 16 Dicembre, 2024
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Il Linguaggio universale

Capirsi è importante e non occorre parlare la stessa lingua. Se si condividono pensieri, sentimenti e obiettivi ci si intende comunque o, prima o poi, il modo lo si trova. È quando non ci si capisce più – tra persone come con sé stessi – che ha origine il caos e ciò che un attimo prima pareva il perfetto equilibrio su cui fondare un cammino, diviene improvvisamente vuoto, buio, inaffidabile. Siamo in Italia, siamo in Europa, siamo nel mondo e disponiamo di tutti i mezzi possibili per capirci e comunicare benissimo, da un versante all’altro, a qualsiasi ora del giorno, ventiquattr’ore su ventiquattro. Eppure sembra proprio il caos a farla da padrona, un disordine improduttivo dovuto ad una persistente mancanza di comunicazione di base. Come se l’essere umano avesse già da tempo ceduto il passo alle macchine, nell’illusione che provvedano oramai da sole anche a questo. I cellulari non sono diventati solo un prolungamento del nostro corpo, si stanno trasformando purtroppo in depositari passivi di pensieri e di parole del nostro essere homo sapiens. Colpa nostra ovviamente che lo consentiamo. Ma possibile che non ci si intenda su questo punto? Che non si trovi una soluzione? Davvero vogliamo lasciare posto a “quel mondo che non vorremmo mai esistesse” dei film futuristici moderni? Le macchine sono e devono restare uno strumento a noi utile per la comunicazione, non devono generarla. Devono poter accelerare la nostra volontà di interagire, non sostituire il nostro coraggio di interfacciarsi con gli altri. Devono proiettare il nostro volto, non nasconderlo dietro la nostra voce. Capirsi resta l’unica vera chance che abbia l’essere umano per salvarsi e per farlo ha un solo arcaico modo: incontrarsi.
Dobbiamo tornare a stringerci la mano e connettere i sensi per comunicare veramente. Per questo Tesori d’Italia investe tempo, risorse, energie per girare l’Italia e incontrare tutti. Per questo continuiamo a muoverci, a spostarci, a scrivere articoli dalle sale d’attesa degli aeroporti, a stendere piani editoriali e operativi tra un autobus e un treno. Per questo torniamo più volte nello stesso territorio a riproporre il nostro messaggio, la nostra mission. Per questo ci impegniamo ogni giorno nella costruzione di una Community che nonostante le incomprensioni, le avversità, l’instabilità di un Paese che purtroppo non aiuta chi vuole aiutarlo, sia disposta a partecipare alle nostre dinamiche e metterci la faccia, non un’immagine di WhatsApp.

Dire che i Tesori siamo noi è affermare che l’Italia, l’Europa, il mondo siamo noi. Significa ricordarsi al mattino che abbiamo sulle spalle una responsabilità storica ancora più importante del debito pubblico: lavorare instancabilmente per capirci, capirci per lavorare insieme e fare della comunicazione il nostro cavallo di battaglia, non il generatore universale del caos. Dobbiamo assolutamente tornare ad incontrarci, a conoscerci, a litigare guardandoci negli occhi, brandendo promesse e contratti firmati a penna e non con la firma digitale. Dobbiamo tornare ad amarci e rispettarci come in “quel mondo che vorremmo tornasse ad esistere” dei film del passato. Siamo ancora noi ad accendere il cellulare, siamo noi ad accendere il pc e il televisore. Il pulsante lo gestiamo ancora noi, pur nel nostro annaspare in un mare di onde magnetiche e, badate, non occorre spegnere nulla in senso di protesta né gridare la propria rabbia dal balcone: basterà condividere un po’ più di tempo e spazio con noi stessi e con gli altri per accorgersi di quanto l’essere umano sia ancora vivo, attivo, propositivo e soprattutto di come, poggiati su un comodino o su di una bella parete attrezzata, tutti quegli strumenti accentratori non siano altro che eleganti e innocui suppellettili d’arredo…

Tesori d’Italia inaugura con questo spirito il programma di attività 2019-2020 e si prepara ad un altro intenso anno di incontri, di confronti, di rapporti umani e professionali attraverso cui scoprire e raccontare al mondo gli infiniti volti dell’Italia e le storie cavalleresche degli italiani.

– di Riccardo D’Urso

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