Intervista a Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso
Sono stati numerosi i volti che hanno animato l’edizione 2018 dell’Etna Comics, una delle fiere dedicate al fumetto e alla cultura j-pop d’Europa.
Tra gli artisti che hanno calcato la scena dell’importante evento, abbiamo incontrato due eccellenze della Sicilia: il giornalista trapanese Marco Rizzo, accompagnato dai disegni del fumettista messinese Lelio Bonaccorso.
Legati da una longeva collaborazione, la coppia di artisti ha prodotto una serie di lavori che coniugano in modo sapiente lo stile giornalistico con il linguaggio dei fumetti. Tra i titoli più conosciuti a firma dei due artisti siciliani ricordiamo Peppino Impastato. Un giullare contro la mafia (ed. BeccoGiallo, 2009, vincitore del Premio Giancarlo Siani, Premio della Satira e Premio Carlo Boscarato, nel 2009), L’invasione degli scarafaggi. La mafia spiegata ai bambini (ed. BeccoGiallo, 2012), Jan Karski. L’uomo che scoprì l’Olocausto (ed. Rizzoli Lizard, 2014, che ha ricevuto un riconoscimento in Polonia per il centenario della nascita di Jan Karski e vincitore del Premio Cezam nel 2015), L’immigrazione spiegata ai bambini (ed. BeccoGiallo, 2016) e The Passenger (ed. Tunuè, 2016).
Salvezza (ed. Feltrinelli Comics, 2018) è l’ultimo lavoro pubblicato, insignito dell’Etna Comics Award Sezione Graphic Journalism. L’opera nasce dal viaggio intrapreso da Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso sulla nave Aquarius della ONG S.O.S. Méditerranée, per studiare, riprendere e documentare tutto ciò che avviene nel Mediterraneo per ciò che concerne i flussi migratori, che spingono i migranti a tentare un vero e proprio viaggio della speranza per abbandonare l’Africa e raggiungere l’Europa.
Abbiamo parlato con Marco Rizzo, sceneggiatore di Salvezza, libro nato al ritorno dall’esperienza in mare dei due autori.
Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto a studiare il tema delle migrazioni, una materia molto attuale, ma anche molto delicata da trattare?
Le migrazioni rappresentano un filone tematico che interessa sia me che Lelio, non soltanto dal punto di vista giornalistico, ma soprattutto da quello umano. La migrazione è il grande tema di questi anni, e potremmo definirlo un macro-tema perché, dai discorsi sulle migrazioni, dipendono la stabilità e la solidità dell’Unione Europea, ci si ricollega alle scelte storiche dell’Occidente che hanno avuto ripercussioni sui Paesi africani e asiatici, rendendoli nostre colonie ed esportando la democrazia con le armi e le bombe. Tutti questi punti rappresentano le cause di ciò che stiamo vivendo oggi, pagando il prezzo delle nostre “missioni di pace”.
L’interesse per le migrazioni, forse, ci interessa particolarmente perché siamo siciliani e siamo al centro del Mediterraneo, il fulcro intorno al quale ruota la questione dei migranti, ma anche perché sia io che Lelio abbiamo avuto modo di entrare in contatto con i migranti, nei Centri di Accoglienza, in vari momenti della nostra vita, per raccogliere informazioni per il nostro libro L’immigrazione spiegata ai bambini.
Un particolare che voglio sottolineare, parlando del lavoro svolto, è che tratta di un preciso momento dei flussi di migrazione: il primo contatto tra i due mondi, l’Europa e l’Africa, l’incontro che avviene in mezzo al mare. Questo particolare frangente nell’epopea dei migranti è stato al centro di grandi dibattiti e bufere mediatiche, spesso accompagnate da prese di posizione faziose, che distorcevano la realtà. E volevamo vederci più chiaro.
Il vostro lavoro cerca di ergersi a controtendenza rispetto all’annosa questione delle fake news, e sembra avvertirsi la necessità di dedicarsi ad una missione etica, ad un risveglio delle coscienze e dello spirito critico.
Ti ringrazio. E lo faccio perché è un aspetto che mi sta molto a cuore. È difficile combattere le fake news e non so se il nostro libro potrà bastare, anche perché uno dei problemi delle fake news è quello di mortificare la validità di ogni altra forma di informazione. Non è scontato che un lettore, leggendo il nostro libro, basato su dati che abbiamo raccolto, studiato, confrontato, citato, non cambi la propria opinione quando si troverà improvvisamente a contatto con articoli meno validi, vere e proprie fake news, che riuscirebbero ad attecchire maggiormente nella sua coscienza.
Ed è ancora più difficile che un lettore bombardato da settimane, da mesi di fake news, possa confrontarsi con la nostra opera e cambiare improvvisamente opinione. Il libro potrebbe scontentare le sue attese, anche perché al giorno d’oggi viviamo in una società in cui si cerca sempre il conforto della stampa che ha una visione più simile alla propria.
Come spieghi questa volontà di trovare sempre un interlocutore che dia conferma alle nostre convinzioni e mai qualcuno che possa mettere alla prova la validità delle nostre idee e con cui cercare di svelare nuovi orizzonti, nuovi pensieri?
Perché è più facile. Perché se non è previsto uno sforzo mentale, un cambiamento di opinione, un ragionamento, allora tutto è più facile. Questa facilità è accomodata spesso dai leader politici, che sviluppano intere campagne elettorali su fake news e slogan preconfezionati, facili da carpire, da assimilare, e che sembrano avere la risposta immediata e definitiva a tutti i problemi.
Si sono fatte e si fanno propagande e interrogazioni parlamentari continue sulle cifre destinate ai migranti, basandosi su dati diffusi da ‘sitarelli’ internet senza alcuna autorevolezza giornalistica, o persino da video YouTube dei cosiddetti influencer, tra cui molti non sono preparati e documentati adeguatamente per diffondere notizie di questo tipo.
Bisognerebbe e si deve curare necessariamente l’aspetto della responsabilità legata all’attività giornalistica. Almeno, di quella fatta seriamente.
La fotografa messinese Rita Malta ha promosso l’iniziativa hashtag #salvezzainogniporto su Facebook, legata all’uscita del libro. A proposito della “virulenza” dei contenuti social, come si può frenare il dilagare di fake news, che trovano nei social il loro canale privilegiato?
Come hai detto, i social sono un canale. Come per ogni canale, chi ne usufruisce dovrebbe essere tutelato, un po’ come succede per la televisione: se la guardo, non troverò scene cruente o di nudo in determinati orari. Questa forma di controllo è voluta dallo Stato ed i proprietari dei canali televisivi sono obbligati a rispettarla. Da anni le realtà come Facebook dicono che faranno qualcosa contro le fake news. Non lo fanno perché alla base ci sono interessi, per lo più economici. Le fake news dimostrano la capacità di diffondersi in modo virale e le condivisioni si tramutano in soldi, con le dinamiche pubblicitarie tipiche dei social.
L’altra questione è la difficoltà di diffondere notizie attendibili e sostituirle a quelle false. È quasi impossibile, visto che le notizie vere si mescolano a quelle false. Se tutto ciò che abbiamo fatto sull’Aquarius si diffonde allo stesso modo delle bufale, allora non sarà cambiato nulla, quindi si avverte la necessità di un filtraggio delle informazioni che circolano su internet.
Salvezza cerca di sfatare molti miti che si sono costruiti intorno al tema dell’operato delle ONG. Anche se sarà possibile vederlo con maggiore attenzione e cura di particolari nel libro, cosa puoi dire al riguardo?
Gli aspetti più importanti da ricordare sulle ONG sono due.
Il primo è che i soccorsi in mare sono coordinati dalla Guardia Costiera, la centrale operativa di Roma, che sostituisce quella che, di fatto, è l’inesistente centrale operativa libica. La Guardia Costiera si occupa dei settori di ricerca e soccorso e di sicurezza delle navi potenzialmente in difficoltà nel tratto di mare di fronte alle coste libiche. Quando si criticano le ONG e si esalta il lavoro della Guardia Costiera, ci si dimentica della stretta collaborazione tra questi due attori che operano nel settore dei salvataggi. A sostegno di quanto detto, spesso le ONG trasbordano i passeggeri salvati in mare sui più veloci mezzi della Guardia Costiera. E d’altra parte, la Guardia Costiera chiede all’Aquarius, una nave molto grande di S.O.S. Méditerranée e fornita di personale medico ed equipaggiamento di bordo, di rimanere a presidio della zona.
Altro aspetto comprovato è il bilancio delle ONG. Il bilancio è composto da fondi pubblici che possono essere rintracciati sui siti ufficiali.
Partendo da queste due certezze, si potrebbero iniziare a smontare parecchie falsità che ruotano intorno all’attività delle ONG, come per esempio quelle teorie che affermano che le ONG sono chiamate dai trafficanti di migranti per salvare migranti e portarli in Italia.
Tornando ad un’analisi più tecnica di Salvezza, avete prediletto il bianco e nero con pochi accenni ad altre presenze cromatiche. Nei rari casi in cui non usate bianco e nero avete dato spazio all’arancione, e avete deciso di colorare le tavole in cui interveniva un uccellino. Qual è il significato dell’arancione e cosa rappresenta l’uccellino?
L’arancione aveva una funzione tecnica, perché avevamo bisogno di qualcosa che servisse a rendere più nitide alcune immagini, ma fa riferimento anche al colore dell’Aquarius, della salvezza, dei giubbotti di salvataggio e dei gommoni.
Per quanto riguarda l’uccellino, risponde ad una necessità della narrazione, perché serviva un narratore onnisciente che potesse fornire dati e spiegazioni evitando dialoghi didascalici pedanti e pesanti. Dà un tocco surreale al racconto e riesce ad alleggerire la tensione, intervenendo in momenti in cui si avverte maggiormente.
Avete raccolto storie e testimonianze e per ovvi motivi avete selezionato quelle che più vi hanno colpito. C’è qualche altro particolare che non avete inserito, ma che vi ha ugualmente colpito?
Ci sono alcune storie che non abbiamo inserito per ragioni di privacy, o anche perché molte storie si ripetevano. Quest’ultimo soprattutto è un aspetto che dovrebbe far riflettere sulla gravità e sulla frequenza con cui certi orrori (stupri, torture, detenzioni illecite) avvengono.
Una storia che mi ha stupito è stata quella di Chan, che faceva parte del SAR Team (Search And Rescue Team) e studiava da seminarista. Durante le ferie aiutava S.O.S. Méditerranée. Diceva che, siccome studiava per aiutare la gente, voleva applicare gli insegnamenti che gli venivano dati.
Terminata la conversazione con Marco, Lelio ha voluto regalare un disegno allo staff di Tesori d’Italia, per condividerlo con i nostri lettori.
– di Antonino Mangano
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