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venerdì, 29 Novembre, 2024
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L’Italia in rete

L’Italia è finalmente in rete. Ha ripreso a comunicare, a cercarsi, a ripercorrere il proprio territorio e a incontrarsi come non avveniva da tempo. Non mi riferisco ai social né al web in senso più ampio. Parlo proprio di una nuova modalità degli italiani di fare network e di tornare a conoscersi.
La tecnologia sta diventando sempre più uno strumento funzionale alla prima fase, ovvero a quella più complessa in cui si sopperisce con messaggi WhatsApp a quelli che sono i nostri limiti caratteriali o alla costante mancanza di tempo, dovuta alla frenesia congenita dell’era contemporanea. Ma sta tornando la voglia di incontrarsi, di interagire direttamente, di guardarsi negli occhi e ascoltare la voce di una persona dal vivo, anche solo per capire se si tratti di un rapporto sincero, che sia nell’amicizia come nel lavoro, o di pura convenienza. Che va pure bene, intendiamoci, ma occorre capirlo. La fidelizzazione del resto è una cosa, la fiducia è un’altra e, quella, non la si costruisce con i social.
Ed è di fiducia che l’italiano ha bisogno. Fiducia negli altri, dagli altri e soprattutto in sé stesso. Ecco che allora si adopera, si evolve, studia nuovi modelli di interazione e fa rete. Non è un caso se un tempo si fondavano consorzi e oggi invece nascono Reti di Impresa: “Un contratto che consente ai partecipanti di mettere in comune attività e risorse per migliorare il funzionamento aziendale e rafforzare conseguentemente la competitività delle aziende che ne fanno parte […] un modello di business alternativo che lascia anche autonomia soggettiva a ciascuna impresa della rete – l’ideale per quella che è l’indole fondamentale dell’imprenditore italiano ad agire comunque con una certa libertà decisionale – , una nuova forma di aggregazione di imprenditori attorno a un progetto condiviso”.

La reale capacità di evolversi di noi italiani si vede soprattutto in questo e non solo nello stare al passo con le nuove tecnologie o con le dinamiche commerciali imposte dal mercato globale. Mentre i social spingono verso un errato modello di interazione che cela in realtà il rischio tangibile dell’isolamento, l’italiano fa rete e crea le condizioni necessarie all’incontro. Una grande risorsa per il nostro Paese, una realtà che meriterebbe molta più attenzione, perché fare rete è tutto purché facile. È di per sé un’autentica impresa. Richiede tempo, dedizione, volontà, fatica proprio perché è frutto di un’iniziativa di incontro che prende su di sé la predisposizione o meno dell’altro ad interagire come in realtà dovrebbe, ovvero di persona, fattivamente, e lo proietta in una dimensione lontana da quella al quale il sistema quotidianamente ci abitua: assistere passivamente agli eventi piuttosto che partecipare attivamente alla loro realizzazione. E partecipare significa agire, significa incontrare, parlare, avere il coraggio di essere. Significa mostrare agli altri proprio quella parte di sé che i social nascondono rendendoci apparentemente più forti. Fare rete è il primo passo, quello forse più importante, per la tutela di sé stessi, del proprio progetto – che sia di vita o di impresa – del proprio spazio e del patrimonio condiviso di un Paese. È la testimonianza più grande della volontà di esistere e di contribuire alla costruzione del mondo che verrà. È un capitale, è un’assicurazione.

Voglio credere che a salvare il mondo, come a salvare l’Italia, non sarà solo la bellezza ma la reale volontà delle persone di incontrarsi e di condividere idee, patrimoni, risorse.

– di Riccardo D’urso

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