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domenica, 24 Novembre, 2024
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Natura e cultura in Abruzzo: il Museo dell’Orso Marsicano a Palena

La guida e accompagnatrice turistica Luigia di Sciullo ci racconta la realtà dei Musei Naturalistici nel Parco Nazionale della Majella

Tre parchi nazionali, un parco regionale, un’area marina protetta e più di trenta riserve naturali: la regione Abruzzo si caratterizza per un sistema che conserva una delle biodiversità più importanti d’Europa e una natura straordinaria. Incastonati nel verde selvaggio spiccano audaci e raccolti piccoli centri urbani fortificati: Palena, in provincia di Chieti alle pendici della Majella orientale, è uno di questi. È qui che, all’interno dello storico Convento di Sant’Antonio, fondato nel XVI secolo, viene ospitato il MOM Museo dell’Orso Marsicano, che conta oggi ben cinque sezioni. Nelle immediate vicinanze si raggiunge l’annessa area faunistica, porzione di territorio del Parco Nazionale della Majella in cui è possibile vedere gli animali nel loro habitat naturale.

«Questa realtà è nata nel 2005» – ci spiega Luigia di Sciullo, guida e accompagnatrice turistica responsabile del MOM – «e si inserisce nel contesto delle strutture di accoglienza turistica e didattica che il Parco Nazionale della Majella ha voluto realizzare in alcuni Comuni del Parco. La scelta delle località è stata dettata dal contesto ambientale che più coincide con l’habitat dell’animale a cui è dedicata la struttura: Palena per l’orso bruno, Lama dei Peligni per il camoscio (Area Faunistica del Camoscio appenninico), Ateleta per i cervi (Area Faunistica del cervo), Pretoro per il lupo (Area Faunistica osservatorio del lupo). Le strutture museali sono quasi sempre affiancate dalla relativa area faunistica: queste rappresentano un’occasione per conoscere l’animale oggetto dei centri visita e si configurano come veri e propri poli scientifici didattici». L’area faunistica del MOM ospita attualmente tre orse brune: Margherita e Iris, due giovani sorelle nate in un parco faunistico in Svizzera, e Caterina, sottratta a una struttura di cemento di soli dieci metri quadrati in un parco di divertimenti.
«Il servizio di accompagnamento guidato prevede che alla visita all’interno del museo possa essere abbinata l’escursione lungo uno dei sentieri dell’orso, per avere un contatto diretto con il suo ambiente e andare alla ricerca dei segni indiretti della sua presenza» – sottolinea Luigia – «I visitatori restano per circa un’ora e trenta insieme alla guida a parlare di fauna e flora del territorio. Questo permette loro di andare via con un buon bagaglio di conoscenze e un buon ricordo del territorio visitato». Una minima parte di turisti visita soltanto il Museo; la grande maggioranza ama l’esperienza naturalistica alla scoperta dell’habitat degli animali. Il MOM registra un’affluenza annuale dell’ordine di settemila visitatori, la cui tipologia si diversifica nel corso dell’anno: scolaresche in primavera, gruppi organizzati e famiglie in estate e in inverno turisti che, dopo una giornata sulle piste da sci, sono incuriositi da altri aspetti del territorio.

«L’Orso bruno marsicano – ci spiega Luigia – rappresenta il simbolo dell’Abruzzo per gli appassionati ed esperti di fauna selvatica. Per molti sta diventando una recente scoperta proprio grazie alle strutture realizzate nelle Aree Protette dall’Ente Parco. La nostra Regione, conosciuta da molti come “cuore verde d’Europa”, è una Terra che può essere raccontata solo se si è in grado di leggerne i vari aspetti ambientali, geologici, storici, culturali e tradizionali, per trasferire al visitatore l’Abruzzo autentico come patrimonio materiale e immateriale di tutti».

Nelle sue riflessioni trapelano la cura e l’attenzione di chi svolge quotidianamente con professionalità il proprio lavoro: «Gli abruzzesi hanno da sempre vissuto la loro terra nel rispetto della biodiversità. Far percepire la regione come una terra accogliente che sorprende per il suo paesaggio unico è importante, anche enfatizzando l’aspetto mare monti che offre a così poca distanza; spesso i visitatori evidenziano di aver scoperto i nostri luoghi per caso, oppure, il più delle volte, tramite passa-parola».

E allora, passiamo parola anche noi!
-di Roberta Odoardi ed Elena Trombetta

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