Enoturismo è un concetto o, per meglio dire, un’attività non ancora del tutto chiara al grande pubblico. Molti non sanno, infatti, che nel marzo del 2019 è stato approvato in Italia uno specifico Decreto (D.M. n. 2779 del 12/03/2019) con cui sono state definite le linee guida per lo sviluppo turistico e rurale delle aziende viticole italiane. Questo ha permesso agli imprenditori agricoli di regolarizzare una serie di attività di accoglienza, degustazione e divulgazione culturale, facendoli interagire in tutto e per tutto con il comparto turistico. Risultato: valorizzazione della cultura, del territorio circostante e delle produzioni locali.
? * Rapporto 2019 sul Turismo del Vino in Italia [ a cura dell’Associazione Nazionale “Città del Vino” e dell’Università di Salerno ]
Cosa è cambiato con il Decreto
Prima dell’entrata in vigore del Decreto non era ben chiaro quali fossero le procedure da adottare all’interno dell’azienda agricola per ospitare turisti e avventori e portarli a scoprire i segreti di produzione e le bellezze circostanti o, semplicemente, per servire loro una degustazione.
Il gap legislativo ha lasciato per tanti anni diversi dubbi di interpretazione sugli aspetti gestionali, fiscali e organizzativi, impedendo in questo modo lo sviluppo di un settore importante per il nostro Paese. Far provare la vendemmia a un turista o somministrare un assaggio di vino erano, fino a qualche anno fa, potenzialmente sanzionabili.
Altri Paesi ad elevata densità viticola, invece, propongono da decenni attività che spaziano dalla vendemmia didattica, all’assaggio di vino, fino alla passeggiata nei dintorni dell’azienda, alla scoperta del genius loci e delle tradizioni storiche.
A partire dal 2019, dunque, le aziende vitivinicole italiane hanno potuto iniziare a fatturare una serie di attività legate al turismo in vigna e alla degustazione in cantina, previo invio di una semplice SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) al Comune di riferimento.
Perché un pubblico sempre maggiore si avvicina al mondo del vino?
L’interesse per il vino è in costante crescita ormai da diversi anni. Mentre la fascia di età tra i 40 e i 60 anni ricerca luoghi incontaminati dove stare all’aria aperta, degustare buon vino e prodotti locali di alta qualità, un numero crescente di giovani tra i 25 e i 40 anni richiede stimoli sempre più dinamici e ha fame di conoscenza. La degustazione e l’analisi sensoriale sono quindi una sfida alla ricerca dell’aroma più recondito. La conoscenza delle produzioni locali e dei processi produttivi hanno un appeal che rilancia in qualche modo tutto il sistema. Non ultimo il piacere del palato, che negli ultimi due anni è stato una sorta di rifugio durante i lunghi periodi in casa.
Si è notato in generale una grande voglia di capire i propri sensi e l’interazione del vino con il cibo, permettendo quindi la crescita della didattica online che ha tenuto impegnati i giovani e i meno giovani durante la pandemia. Tutto ciò è diventato trampolino di lancio per questo 2022 che già vede il turismo enogastronomico e locale tra le principali attività richieste dai giovani.
Il Decreto. Linee guida e indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica
Al fine di qualificare l’accoglienza nell’ambito di un’offerta turistica di tipo integrato, di promuovere l’enoturismo quale forma di turismo dotata di specifica identità e garantire la valorizzazione delle produzioni vitivinicole del territorio, sono stati parametrizzati precisi requisiti qualitativi da adottare per le iniziative in cantina.
Premesso dunque che le attività enoturistiche organizzate dalle aziende viticole rientrano finalmente tra le attività connesse a quelle agricole, il settore ora gode di una serie di servizi prestabiliti dalla Legge:
- attività formative e informative rivolte alle produzioni vitivinicole del territorio e la conoscenza del vino, con particolare riguardo alle indicazioni geografiche (DOP, IGP) nel cui areale si svolge l’attività: le visite guidate ai vigneti di pertinenza dell’azienda, alle cantine, ai luoghi di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, della storia e della pratica dell’attività vitivinicola ed enologica in genere;
- iniziative di carattere didattico, culturale e ricreativo svolte nelle cantine e nei vigneti, compresa la vendemmia didattica;
- attività di degustazione e commercializzazione delle produzioni vitivinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti agro-alimentari freddi preparati dall’azienda stessa.
Questo è un grande passo avanti per integrare il rapporto tra territorio, prodotti locali e turismo, fornendo al pubblico di enoturisti un servizio di qualità che non può che giovare a tutto il sistema. Il settore turistico italiano può finalmente trovare l’appoggio delle aziende agricole e dei viticoltori per incrementare l’offerta, favorendo non solo il flusso dei viaggiatori dall’estero ma anche lo spostamento degli stessi visitatori italiani, da una città all’altra, da un territorio viticolo a un altro.
Gli standard minimi di qualità definiti ripongono fiducia in capo all’imprenditore agricolo, identificando un concetto di qualità mai espresso prima. Le aziende infatti dovranno:
- organizzarsi con un’apertura settimanale o anche stagionale di un minimo di tre giorni;
- adottare strumenti informativi di prenotazione delle visite;
- affiggere un cartello all’ingresso dell’azienda che riporti i dati relativi all’accoglienza enoturistica, con gli orari di apertura, la tipologia del servizio offerto e le lingue parlate;
- sviluppare un sito o pagina web aziendale;
- indicare i parcheggi più idonei per il pubblico in azienda o nelle vicinanze;
- distribuire materiale informativo sull’azienda e in suoi prodotti in almeno tre lingue;
- esporre e distribuire materiale informativo sulla zona di produzione, sulle produzioni tipiche e locali, sulle attrazioni turistiche, artistiche, architettoniche e paesaggistiche del territorio;
- attrezzare adeguatamente gli ambienti dedicati all’accoglienza e alle attività svolte;
- utilizzare personale dotato di competenza e formazione, anche sulla conoscenza delle caratteristiche del territorio, adottando eventualmente collaboratori esterni come ad esempio la nuova figura professionale di Wine & Food Hospitality Manager;
- utilizzare calici in vetro o altro materiale idoneo alla degustazione;
- svolgere l’attività di degustazione e commercializzazione con personale dotato di adeguate competenze e formazione, come ad esempio un Sommelier.
Il futuro dell’enoturismo è già scritto. Dopo un periodo difficile che ha coinvolto molte strutture turistico-ricettive in Italia, la ripartenza è solo questione di tempo.
di Elsa Menegolli
Sommelier multimatrice & Wine Educator
Wine & Food Hospitality Manager
? Potrebbe interessarti anche Come si diventa sommelier?