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IT.A.CÀ, scopriamo il Festival con la co-fondatrice Sonia Bregoli

IT.A.CÀ Migranti e Viaggiatori – Festival del Turismo Responsabile ha inaugurato la 13ª edizione. Un evento che parte da un’idea tanto semplice e condivisibile quanto bisognosa di essere diffusa. In un mondo che corre sempre più veloce, dove il progresso non sempre coincide con salute e benessere, nostri e del Pianeta, questi progetti e, soprattutto, le persone che li realizzano trovano il modo giusto per invitarci a fermarci e riflettere. 

Sonia Bregoli ITACAHo conosciuto Sonia Bregoli, co-fondatrice di IT.A.CÀ, tramite lo schermo di un computer, eppure tutta la sua energia non ha trovato filtri a limitarla. Sorriso luminoso, occhi frizzanti, ricci in movimento, come la sua personalità. Sonia è un uragano di buone idee, ed io ho colto l’occasione per farmi raccontare la storia del Festival, legata a doppio filo con la sua. Sonia fa parte dell’Associazione YODA insieme a Pierluigi Musarò, Direttore di IT.A.CÀ, e da una loro intuizione ha avuto origine il format di questo particolare evento, il primo e unico festival in Italia dedicato al Turismo Responsabile. Da qui parte il suo racconto.

L’Intervista

Come nasce l’idea di un Festival del Turismo Responsabile?
Il Festival nasce da un’idea che già noi fondatori avevamo come parte dell’Associazione YODA, attiva nella cooperazione internazionale. Con l’Associazione, in quanto membri, organizzavamo campi di volontariato in Paesi “svantaggiati” – viaggi di esperienza, mi piace chiamarli – legati a varie ONG, in luoghi come il Mozambico, la Palestina, l’Algeria, il Sud America e tanti altri. Abbiamo sempre avuto il concetto del viaggio come azione sociale e contributo allo sviluppo locale. Nel 2008-2009 iniziamo a guardarlo anche da un’altra prospettiva, così arriva l’idea del viaggiare “stando a casa”, ovvero nel proprio territorio. Si è soliti andare dall’altra parte del mondo, il che va benissimo ovviamente, ma l’esplorazione e la scoperta possono coinvolgere anche i nostri luoghi, spesso poco noti anche a noi stessi che li viviamo. La nostra riflessione parte da domande precise: quanto noi viaggiatori cambiamo certe dinamiche nei posti che visitiamo? Che impatto abbiamo sulle comunità locali e sul loro ambiente? Questo vale per i territori fuori dal nostro Paese, ma anche all’interno dei nostri confini. Confini… una parola che non mi è mai piaciuta granché – sorride alzando gli occhi.
Ad ogni modo, il turista responsabile è colui che si pone queste domande e che viaggia tenendole a mente, nel rispetto dei luoghi e delle persone che incontra.

IT.A.CÀ Migranti e Viaggiatori. Perché questo nome? Qual è il suo significato?
Nel 2009, quando eravamo ormai sicuri di voler presentare la prima edizione del Festival, è nata fin da subito la collaborazione con NEXUS Emilia Romagna e il COSPE Onlus, i due partner con i quali tutt’oggi stiliamo il programma annuale. Insieme abbiamo riflettuto sul nome. Improvvisamente l’intuizione: IT.A.CÀ. Come è risaputo, Itaca è l’isola del viaggiatore per antonomasia, l’esploratore simbolo della letteratura, Ulisse. Proprio come lui, quando viaggiamo viviamo esperienze che ci danno prospettive e punti di vista nuovi, e che ci riportano a casa cambiati. Il viaggio è insegnamento, è crescita. Dall’altra parte, volevamo dare al Festival anche una connotazione locale ed esprimere il legame con il luogo d’origine: it a cà in dialetto bolognese vuol dire sei a casa. È partito come un appuntamento di tre giorni a Bologna, non avevamo idea che sarebbe diventato un evento nazionale! – ride con gli occhi che le brillano, tra l’incredulo e il soddisfatto.
Il Festival, inoltre, si chiama IT.A.CÀ Migranti e Viaggiatori perché abbiamo voluto mantenere intatto il nostro DNA: non solo il viaggiatore come turista, ma anche il migrante, pure lui a suo modo viaggiatore. Continuiamo a riflettere su questo tema, ma da una prospettiva positiva. Nella tappa madre di Bologna, ogni anno, affrontiamo l’argomento con un ospite, la presentazione di un libro o la collaborazione con realtà che qui si occupano del “diverso”: viaggiando incontriamo l’altro, per noi questa visione è fondamentale.

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Cosa sono per IT.A.CÀ la sostenibilità e l’accessibilità?
IT.A.CÀ ha fatto propria la definizione di Turismo Responsabile data da A.I.T.R. Associazione Italiana Turismo Responsabile: un turismo che non soffoca i territori ma che mette al centro le comunità locali, il rispetto della cultura, delle tradizioni e dell’ambiente. Significa non solo migliorare l’esperienza dei turisti ma anche la qualità della vita degli abitanti e i rapporti che questi ultimi hanno con i propri luoghi. La filosofia del Festival è quella di contribuire allo sviluppo di pratiche economiche e sociali che mettano al centro il benessere delle comunità. La sostenibilità per noi è proprio questo: pensare strategie che non siano solo di sensibilizzazione ma che vengano attuate concretamente, non calate dall’alto ma plasmate insieme ai cittadini. Una sostenibilità economica, sociale e soprattutto di pensiero.
L’accessibilità, allo stesso modo, è un tema a noi molto caro. Abbiamo cominciato da Bologna, creando una rete di professionisti che lavorano in questo ambito. Mettendo in campo alcune azioni, abbiamo capito che l’accessibilità è fondamentale per rendere le città, i borghi, i territori più vivibili e più equi, sia per chi li vive sia per chi li visita. Anche le persone disabili viaggiano, e nel viaggiare incontrano molte difficoltà. Ci confrontiamo continuamente sull’argomento, ritenendolo prioritario. A Bologna ad esempio, ma anche in altre tappe, stiamo realizzando itinerari accessibili, fatti ad hoc per le persone con disabilità, oltre che dare loro gli strumenti utili per vivere l’evento. Quest’anno, inoltre, abbiamo vinto un bando dell’Otto per Mille della Chiesa Valdese grazie al quale abbiamo reso il sito accessibile, integrandolo con una funzione specifica realizzata dalla società Equal Web, che permette a chiunque di navigare.

Cosa vuol dire per un territorio prendere parte al Festival?
Il Festival è un momento di tutto il processo, di tutto quello che vuole essere il progetto IT.A.CÀ. Il programma coordinato con la rete, la realizzazione di eventi ad hoc che rispettino i nostri principi, partecipare ai bandi, creare reti locali eterogenee e inclusive di vari soggetti della società, quali istituzioni, imprese, associazioni, piccole aziende, operatori locali, guide turistiche che seguono e condividono i valori di IT.A.CÀ: tutto questo vuol dire lavorare su e per il territorio. Il lavoro del Festival è quello di sensibilizzare le comunità sui suoi temi fondanti e portare un cambio di visione sul turismo, la sostenibilità e l’accessibilità, una visione che poi venga portata avanti anche una volta concluso l’evento.

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Dai primissimi anni alle ultime edizioni. Come si è evoluto il Festival?
L’attenzione al tema del turismo responsabile e sostenibile e a tutto quanto ad esso collegato fortunatamente è cresciuta molto negli ultimi anni. Di pari passo l’interesse per il nostro Festival è aumentato, portando diverse realtà, prima nei dintorni di Bologna, poi in altre regioni, a contattarci per essere direttamente coinvolte. Si tratta di un format replicabile, che può essere portato ovunque, e questo lo ha reso ancora più d’impatto. Anche noi internamente ci siamo strutturati, creando una nostra organizzazione, perché il network si amplia di anno in anno. Gli stessi coordinatori delle varie tappe diventano promotori del Festival contribuendo alla sua crescita, ovviamente sempre seguendo i nostri principi. Quest’anno siamo arrivati a 25 tappe, in 16 regioni, con una rete che coinvolge oltre 700 realtà locali, nazionali e internazionali.

Edizione 2021, Diritto di Respirare.
Diritto di Respirare è il tema che abbiamo deciso alla fine dello scorso anno, in relazione al periodo che stavamo e stiamo tuttora vivendo. Un pensiero che in senso più ampio trae ispirazione da Achille Mbembe, filosofo camerunense considerato uno dei più importanti teorici del post-colonialismo. Sebbene la scelta sia nata dalla situazione pandemica, in realtà in questo tema è possibile scorgere diverse sfaccettature. Si tratta di un concetto attuale e trasversale che parla di respiro come diritto, oltre che come bisogno. Quel respiro che manca al corpo quando è malato o quando attraversa la città inquinata a ritmo frenetico o, ancora, quando qualcuno con un ginocchio premuto con forza te lo toglie. Diritto di Respirare ​è la risposta della rete del Festival alla crisi che stiamo vivendo su tanti aspetti​: per ricordare a tutti che esistere non è avere o possedere, ma significa respirare. Ed è un diritto fondamentale della Terra, degli esseri che la abitano, delle nostre stesse esistenze.

di Claudia Mele
di IT.A.CÀ



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