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mercoledì, 20 Novembre, 2024
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La Fabbrica del Tempo

Ultimamente, in Italia – e tralascio per un attimo il mondo – si ha la sensazione ripetuta di essersi persi sia come individui sia come Paese, di aver smarrito la strada verso quelle che sono le nostre mete, le nostre convinzioni, i nostri sogni, nella vita come nel lavoro e, cosa ancor più grave, la fiducia delle persone che abbiamo al fianco o che seguiamo da un po’ di tempo. Si vive in una sorta di limbo in cui dipendiamo passivamente dagli stati d’animo o dalle azioni sempre più mutevoli degli altri, che ci costringono ad un continuo adeguamento di noi stessi, dei nostri pensieri, del nostro stesso comportamento a quella crescente imprevedibilità nel timore che tutto da un momento all’altro crolli per una qualsiasi ragione. Che sia una promessa, che sia un contratto, che sia un appuntamento, che sia un appalto, corriamo e ci affanniamo per fare al meglio la nostra parte, ma restiamo guardinghi, sentimentalmente e operativamente prudenti, come se ci stessimo tutti convincendo del fatto che finché le cose non avranno preso forma non sapremo mai davvero chi abbiamo al fianco. Diamo fiducia, tendiamo provvisoriamente una mano, ma legando tutto ad un unico aspetto: il risultato.
La questione non è se ciò sia giusto o sbagliato, se dunque l’Italia – come il mondo – debba prevedere, visti i tempi, necessariamente questo o se serva riscoprire le dinamiche del passato: credo occorra condividere maggiormente il cammino che si percorre insieme agli altri, piuttosto che il traguardo.
Non possiamo aspettare che l’Italia sia un posto migliore per tornare a fidarci del nostro Paese, né possiamo attendere che i progetti si realizzino e che se ne dividano gli utili per credere nei nostri partner, come non possiamo valutare i nostri titolari o collaboratori dalla produttività di fine anno. Ogni giorno vissuto e/o combattuto insieme è un risultato. Ogni parola spesa, ogni passo compiuto – che sia in avanti o indietro – è uno strumento utile a capire, aiutare o affrontare l’altro. Ogni difficoltà e il modo in cui la si affronta è un’opportunità per conoscere il senso di ciò che si sta facendo e la consistenza delle persone con cui stiamo vivendo. La forza dell’Italia è nei suoi inguaribili sognatori, nei suoi artisti artigiani, nei suoi figli imprenditori, come lo è la sua intramontabile bellezza. La sua grande debolezza è invece la fretta: di dire prima di fare, di chiedere prima di dare, di giudicare prima di capire e, soprattutto, di concedersi prima ancora di riscoprire il proprio valore.

Aiutare l’Italia significa darle il tempo, a lei e a tutti quegli italiani che ne hanno bisogno per esprimersi, creare e costruire. Significa darle ogni giorno un’opportunità, a lei e a tutti quegli italiani che credono ancora nell’importanza della Cultura come strumento di vita, nella Bellezza come patrimonio collettivo, nell’Arte come elemento aggregante e produttivo. Significa dare fiducia, a lei e agli italiani che bussano alla nostra porta per presentare un’idea, un progetto, un pretesto per condividere insieme un cammino che porti nei modi e nei tempi dovuti all’unico vero risultato che possa determinare un successo: la scoperta e la conoscenza dell’altro, l’entusiasmo di una nuova esperienza, l’Amicizia.
Aiutare l’Italia significa creare continue occasioni e luoghi perché gli italiani si incontrino, si confrontino, si uniscano attraverso cammini comuni che confluiscano l’uno nell’altro, fino a fare di questo Paese un meraviglioso percorso condiviso che lo porti a ispirare il sogno di tanti altri italiani e gli italiani a ringraziare l’Italia per averne difeso il nome e non aver tradito sé stessa.
Nascono sotto questa stella e con questi precisi propositi i primi Studios Tesori d’Italia a Napoli. L’inizio di un nuovo entusiasmante cammino culturale e imprenditoriale che dà appuntamento a tutti, sognatori e non, imprenditori e non, italiani e non, dove divertirsi e amare il proprio lavoro è d’obbligo e dove il tempo, quando si crede veramente in qualcosa, trova tutto lo spazio di cui ha bisogno perché siamo noi a fabbricarlo e siamo noi il metro di misura del suo inestimabile valore.

 – di Riccardo D’Urso

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