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I cicli affrescati del Trecento a Padova si preparano ad entrare nei Beni UNESCO

Sono come le puntate di un serial televisivo: rappresentano una coinvolgente narrazione fatta di cicli affrescati realizzati nell’arco di quasi un secolo (dal 1302 al 1397), che raccontano un’epoca straordinaria della città di Padova e una vera e propria rivoluzione culturale nella storia dell’arte. Si tratta di ben 3694,19 m2 di affreschi autentici e in ottimo stato di conservazione che costituiscono un sito seriale – composto da quattro componenti immerse nel centro storico della città – candidato all’iscrizione alla prestigiosa Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO (la Lista al momento consta di 1121 siti di eccezionale valore universale presenti in 167 paesi del Mondo).

Mappa delle componenti del sito candidato

L’insieme dei cicli patavini è unico al mondo e rappresenta “una testimonianza unica ed eccezionale di una tradizione culturale o di una civiltà vivente o scomparsa” (criterio III delle Linee Guida Operative della Convenzione del Patrimonio Mondiale).
Inizia con Giotto che, già nel 1302, aveva dipinto, nella Basilica del Santo, gli affreschi nella Cappella delle Benedizioni posta sotto il giuspatronato della famiglia Scrovegni.
Dopo aver risposto alla chiamata dei Frati minori del Santo e di un committente privato, il maestro toscano decora – sempre a Padova per il Comune ­– il grande ciclo astrologico del Palazzo della Ragione, nel luogo deputato all’amministrazione della giustizia e al commercio, andato successivamente perduto a causa di un incendio, ma fortunatamente ancora ammirabile attraverso le successive riprese delle iconografie giottesche.
Il ciclo degli affreschi di Giotto, commissionatogli da Enrico Scrovegni nel 1303 per la sua Cappella, raffigura una sequenza di storie tratte dal Vecchio e dal Nuovo Testamento che culmina nella morte e resurrezione del Figlio di Dio e nel Giudizio Universale; lo scopo era quello di sollecitare chi vi entrava a meditare sul suo sacrificio per la salvezza dell’umanità. Il ciclo della Cappella degli Scrovegni è una delle più grandi opere del pittore e della storia dell’arte occidentale e rappresenta “un capolavoro del genio creativo umano” (criterio I delle Linee Guida della Convenzione del Patrimonio Mondiale). Con quest’opera Giotto inizia una nuova era nella storia della pittura, superando l’astrazione formale della corrente bizantina allora dominante, per proporre forme umane più naturali e realistiche e per questo fu definito anche il primo pittore moderno (nel 1398 Cennino Cennini nel suo ‘Libro dell’Arte’ scrive che “Giotto rimutò l’arte del dipingere dal greco al latino e ridusse al moderno”).

L’interno della Cappella degli Scrovegni di Padova

Dopo un periodo difficile di guerre, seguito alla nomina da parte dell’Imperatore di Cangrande della Scala a vicario imperiale, nel 1318, grazie alle abili trattative diplomatiche di Giacomo da Carrara, ritorna la pace in città e Padova torna ‘culla delle arti’. Nella Reggia fatta costruire da Ubertino da Carrara, il pittore di corte Guariento viene chiamato a decorare la Cappella interna alla Reggia, ora sede dell’Accademia Galileiana di Scienze Lettere ed Arti. Successivamente, Fina Buzzaccarini, moglie di Francesco il Vecchio da Carrara, commissiona la decorazione dell’intero Battistero del Duomo contribuendo alla creazione del maggiore capolavoro di Giusto de’ Menabuoi, databile tra il 1375 e il 1376.

Particolare dell’interno della Reggia Carrarese

Nel percorso della candidatura è inserita anche la chiesa dei santi Giacomo e Filippo degli Eremitani, di proprietà della Diocesi di Padova come il Battistero del Duomo, dove l’ordine religioso risponde alla committenza laica di Enrico Scrovegni con interventi pittorici sia negli spazi del Convento sia all’interno della chiesa a partire dal 1324 fino al 1380 con la lunetta di Altichiero da Zevio per Cappella della famiglia Dotto. Ritroviamo Altichiero protagonista poi di un’altra impresa legata alla Signoria dei Carraresi, quella di Raimondino Lupi, che chiama l’artista per la decorazione ad affresco del mausoleo di famiglia, oggi Oratorio di San Giorgio, inserito nella candidatura nell’ambito “Cittadella antoniana” insieme ai cicli pittorici del Convento e della Basilica del Santo, ad opera di Giotto, Altichiero, Jacopo Avanzi e Giusto de’ Menabuoi.
Conclude la rassegna, l’Oratorio di San Michele, che racchiude il ciclo mariano voluto dal committente è eseguito da Jacopo da Verona, presente a Padova e impegnato accanto ad Altichiero da Zevio nell’Oratorio di San Giorgio.

Oratorio di San Giorgio

La pittura murale di un intero secolo, il Trecento, conservata entro lo spazio delle mura cittadine, oggi centro storico, costituisce un patrimonio straordinario che vede irradiarsi dal capolavoro di Giotto un intreccio non solo di opere d’arte di alto valore, ma di relazioni significative tra artisti e committenti, tra il potere politico e religioso, nell’unica città che ha saputo far tesoro, sviluppare e trasformare il rivoluzionario linguaggio artistico del maestro toscano; per la prima volta nella storia, i committenti entrano a far parte della narrazione dipinta inizialmente con semplici ritratti fino a sostituirsi ai personaggi delle vicende bibliche  celebrando il potere dominante e delle famiglie ad esso legate, attualizzando e laicizzando la storia sacra. Tutto questo costituisce un “importante scambio di valori umani, nel corso di un arco temporale o all’interno di un’area culturale del mondo, sugli sviluppi dell’architettura o della tecnologia, delle arti monumentali, dell’urbanistica o della progettazione del paesaggio” (Criterio II delle Linee Guida Operative della Convenzione). Tutti cicli affrescati sono aperti al pubblico e presto sarà disponibile una specifica card turistica che include la visita a tutti nello stesso biglietto.

Al di là degli aspetti artistici e architettonici, il processo di candidatura rappresenta il più ambizioso progetto culturale di Padova; nei 6 anni sinora trascorsi dal suo inizio, il gruppo di lavoro per la candidatura (coordinato dal Comune di Padova e composto dagli altri enti proprietari degli edifici che conservano i cicli affrescati – l’Accademia Galileiana di Scienze, Lettere ed Arti; la Basilica e il Convento di Sant’Antonio, la Delegazione Pontificia e la Veneranda Arca del Santo; la Diocesi di Padova – dalla Regione del Veneto e si avvale della consulenza scientifica del Ministero per i Beni, le Attività Culturali e il Turismo e dell’Università degli Studi di Padova), attraversa indenne tre amministrazioni e due commissariamenti della città, attraendo sempre maggiore attenzione da parte di un pubblico progressivamente più vasto. Alla costruzione del Piano di Gestione (organizzata attraverso Tavoli delle Idee) partecipano oltre 200 persone in rappresentanza di associazioni, categorie professionali, enti pubblici e privati. Manifestazioni tradizionali (come i ‘Notturni d’Arte’) vengono riproposte alla luce dei percorsi della candidatura; nuove modalità di fruizione (come nel caso della manifestazione ‘Bici Picta’ promossa in occasione della Giornata Europea della Mobilità Sostenibile) attraggono il favore di un pubblico sempre più ampio. Nascono progetti che coinvolgono le scuole (es. del Progetto ‘È nata una stella’ promosso da IRECOOP di Padova) e che stimolano i ragazzi a simulare la creazione di imprese creative sui temi della valorizzazione del patrimonio culturale. Giovani registi (es. del video immersivo realizzato da RC Sistemi con la regia di Matteo Gagliardi) e musicisti (es. del gruppo Lilium Sound Art che registra brani musicali all’interno dei siti candidati) si confrontano con il tema degli affreschi per reinterpretarne il fascino attraverso altre modalità più consone al coinvolgimento di diversi pubblici. Il capitale umano che si crea e si consolida di evento in evento rappresenta il vero valore collettivo di questo processo di candidatura e conferma la tesi secondo cui non cè patrimonio senza comunità. Se la bellezza che i grandi artisti del passato ci hanno lasciato riesce ad ispirare i giovani talenti nella loro creazione culturale, allora il nostro patrimonio culturale assume il suo ruolo pieno di generatore di benessere individuale e collettivo.

Post Scriptum. «Le stelle affrescate da Giotto sono più belle di quelle vere» mi dice l’astronauta Nespoli all’uscita di una visita alla Cappella degli Scrovegni che gli avevo organizzato «e credimi, io di stelle ne ho viste davvero tante!».

di Giorgio Andrian

Cultural Project Manager

Foto: Si ringrazia per la gentile concessione il Gabinetto Fotografico del Comune di Padova

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