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sabato, 28 Settembre, 2024
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I Carretti siciliani

I Carretti siciliani sono considerati inestimabili oggetti d’arte apprezzati in tutto il mondo ,simbolo indiscusso dell’iconografia folcloristica dell’isola.La storia dei carretti siciliani è strettamente legata all’economia e alla cultura dell’isola e inizia ai primi dell’Ottocento, quando si iniziò a edificare un precario sistema di viabilità. Fino al ‘700, infatti, la mancata costruzione di strade nell’isola aveva impedito collegamenti, limitando i trasporti su terra al dorso degli animali. E’ solo nel 1778 che il Parlamento Siciliano approva uno speciale stanziamento di 24.000 scudi per la costruzione di strade in Sicilia. Il governo borbonico nel 1830 si preoccupa di aprire strade di grande comunicazione, le “regie trazzere”, e la più importante di questa collegò Palermo a Catania, passando per Enna. Si rese necessario costruire un mezzo capace di attraversare queste strade impervie ed ampie, a fondo naturale e accidentate, irte di salite ripidissime e curve a gomito, soggette a frane e ricche di fossi. La struttura del carretto siciliano fu, di fatti, realizzata ad hoc con ruote molto alte, per potere superare gli ostacoli delle “trazzere”. Ben presto nacque la consuetudine di decorare i carretti, che erano adibiti per lo più al trasporto di legna e di merce di ogni tipo, come sacchi di grano, legumi, agrumi, mandorle, barili di vino, otri d’olio, masse d’ortaggi, forme di formaggio tronchi d’alberi o pietre da costruzione.Il primo che scrisse a proposito del carretto siciliano fu Jean Baptiste Gonzalve de Nervo nel 1833. Nel suo resoconto del viaggio in Sicilia, egli racconta di aver visto sulle strade dei carretti, le cui fiancate recavano l’immagine della Vergine o di qualche santo, derivata dalla pittura su vetro, molto popolare a quei tempi in Sicilia. Guy de Maupassant, invece, definì il carretto “un rebus che cammina”. Quando lo scrittore francese, nella primavera del 1885, sbarcò a Palermo, la prima cosa che lo colpì fu proprio questo mezzo di trasporto da quale non riusciva a distogliere lo sguardo: rimase incantato, affascinato ed entusiasta delle pitture vivaci che contrassegnavano i carretti, piccole scatole quadrate, appollaiate molto in alto su ruote gialle, decorati con pitture semplici e curiose. In genere, l’arrivo di un carretto era annunciato dal tintinnio di campanacci e spesso accompagnato dal canto del carrettiere.
I carretti siciliani erano (e sono tuttora) costituiti dalla cassa, dalle ruote e dal piano di carico, e formati da tavole di legno montate su dei travetti trasversali. Il piano era circondato da portelli, e collegato alle stanghe che permettevano l’attacco con l’animale da traino, muli, asini o cavalli. In uso in tutto il territorio siciliano dal XIX secolo fino alla seconda metà del XX secolo, quando divenne obsoleto a causa della crescente motorizzazione del lavoro nelle campagne. Per decenni furono diverse le figure che ruotarono intorno alla costruzione dei carretti siciliani, tra queste ‘u firraru, ovvero il fabbro che realizzava tutte le parti in ferro; ‘u siddaru, che sellava e arricchiva l’animale da traino con ornamenti, detti armeggi, in genere fiocchi, nastri, campanelli, specchi, bardature decorate con placche di cuoio, chiodi dorati e pennacchi; ‘u ferrascecchi, che si occupava di ferrare il cavallo una volta al mese, e gli intagliatori, che decoravano con pitture ed incisioni le fiancate in legno di noce e i raggi delle ruote realizzate in frassino. Diversi i soggetti dipinti o intarsiati: dalle immagini sacre della Vergine o dei Santi, fino a scene di vita quotidiana, incontri di sovrani, o ancora episodi di romanzi cavallereschi, gli stessi narrati negli spettacoli dei Pupi siciliani, o fatti storici come le battaglie di Napoleone I e delle crociate. I colori tipicamente usati per tingere i carretti siciliani erano il giallo e il rosso, i colori dell’isola, ma anche il blu, il bianco e il verde, il nero, invece, veniva usato per definire i contorni.
Il carretto assunse caratteristiche diverse a seconda della zona in cui veniva prodotto, si distinsero dunque degli stili. Oggi si contano quattro tipi di carretto siciliano: il Palermitano, il Trapanese con delle ruote più grandi, quello di Castelvetrano ed infine il Catanese, di dimensioni generalmente più piccole. Un altro stile su cui si punta l’attenzione è quello di Vittoria. Questi meravigliosi esempi della cultura popolare dell’isola si possono ammirare ancora oggi in occasione delle feste popolari, nota quella di S. Alfio a Trecastagni; ma anche nel Sud Est vi sono buoni esempi. A Rosolini, ogni anno, la terza domenica di marzo, in occasione dei festeggiamenti votivi dedicati a San Giuseppe, in città sfilano carretti e cavalli, elegantemente agghindati. Sono ormai rari i maestri (mastri) che mantengono viva l’arte del carretto siciliano, ma, con un po’ di fortuna, è ancora possibile vederli all’opera.

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